Ha costituito una mezza delusione questo libro di Mario Fortunato, della cui lettura ero assai curioso, dato che vi si accoppiano l’elemento autobiografico e l’esperienza della lettura: ero interessato soprattutto al secondo aspetto, perché Fortunato possiede una piacevole sapienza evocativa quando racconta di libri e di scrittori. Purtroppo però il secondo aspetto è proprio quello che quasi manca in quest’opera, i cui capitoli sono infatti costituiti da un succinto resoconto d’una fase della vita dell’autore con la narrazione della relativa educazione sentimentale, seguito da uno o più brani di scrittori omosessuali o sull’omosessualità; sarebbe stato bello se Fortunato, per ognuno di tali frammenti, avesse rievocato che cosa rappresentassero per lui, per la sua maturazione, per definizione dei suoi sentimenti, della sua cultura e del suo carattere: pressoché nulla in tal senso, invece; lo fa in pratica, e con un cenno fuggevole, soltanto nel primo capitolo, con la Recherche di Proust. La poco piacevole impressione diventa quindi, man mano che si procede, quello d’un’autobiografia, scritta peraltro con cura e momenti davvero belli, rimpolpata con pezzi antologici i quali tuttavia suonano irrelati rispetto alle vicende dell’autore. Se proprio si preferisce guardar il bicchiere, come si suol dire, mezzo pieno anziché mezzo vuoto, giova dunque soffermarsi da un lato sulle pagine intime, sobriamente sciolte, introspettive ma senza eccessi autocompiaciuti (esemplare, ad esempio, il modo in cui ricorda l'amicizia con Tondelli), dall’altro su quelle antologiche, prendendole però come un ripasso di libri già letti o un invito a leggere quelli che non si conoscono. Nei lettori della mia età, tra Proust e Mann, Purdy e Gide, ad ogni modo, il ripasso prevarrà senza dubbio sulla scoperta.
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