Roma, 1908: don Adorni ammazza don Costantini, presso il quale si prostituiva

Quasi un secolo fa, precisamente il 4 settembre 1908, un anziano prete fu trovato massacrato a colpi di martello nella sua abitazione di Roma. Ma chi avrebbe potuto ammazzare un sacerdote di settantanove anni? E per quale motivo?

I vicini e i pochi conoscenti sapevano che don Costanzo era un uomo particolare, esageratamente avaro, misantropo e che non amava fermarsi a parlare con nessuno.

Era originario di Orvieto, dove, facendo un torto alla sorella ed ai nipoti, si era comportato da prepotente al momento della divisione dei beni di famiglia e aveva ereditato un palazzotto e qualche ettaro di frutteti.

Viveva in modo davvero semplice, in un piccolo appartamento affittato in via dell’Arco della Chiesa Nuova, e consumava pasti frugali; amava la politica e leggeva molti quotidiani. Per quanto anziano, si considerava un prete dalle idee moderne e un seguace di don Murri [1] e riceveva in casa, dissero i vicini, pochissime persone: solo qualche signora di mezza età, un paio di preti e qualche giovanotto del quartiere. Teneva inoltre nascosti in angoli diversi della stanza da letto ben dieci libretti della cassa di risparmio e qualche soldo in contante.

Chi poteva aver ucciso a martellate un sacerdote all'apparenza debole e innocuo? E con quale movente? Forse la "pretofobia di qualche epilettoide come nel caso del delitto di Villa Pamphili"? [2] Subito scattarono le indagini, coordinate dal Commissario cav. Adinolfi, e da lì a poco vennero fermati due nipoti di don Costantini eun giovane sacerdote suo amico. I sospettati avevano tutti un movente valido: i due nipoti quello di "raccogliere un'eredità prima che andasse perduta" ed il prete, si era detto, aveva con Costanzo Costantini una "passione vergognosa" [3] .

L'alibi del giovane prete non era proprio "di ferro" e l'interrogatorio si protrasse per tutta la giornata: era difficile far confessare Alfredo Adorni, così calmo, sicuro di sé e con un atteggiamento a dir poco altezzoso.

Sui quotidiani dell'epoca don Alfredo Adorni era descritto come un giovane snello con naso aquilino e bocca grande, sofferente di attacchi epilettici, povero al punto di vivere al limite della miseria.[4] Celebrava quotidianamente l'ultima messa perché più redditizia delle altre e recitava l'ultimo rosario in chiesa, attività che insieme gli fruttavano l'entrata mensile delle 95 lire che gli permettevano appena di pagarsi la pigione e il vitto.

Verso la sera del 9 settembre, complice anche il troppo vino portatogli dal Commissario, non resse ulteriormente agli interrogatori e si dichiarò colpevole dell'omicidio del confratello Costanzo Costantini.

Raccontò: "Conobbi don Costanzo Costantini il 14 dello scorso agosto, il primo giorno in cui venni a dire messa nella Chiesa Nuova. Terminata la messa andai in sacrestia e qui incontrai il vecchio sacerdote che non conoscevo. Egli mi si presentò, mi strinse la mano, manifestò il desiderio di far amicizia con me e mi invitò a casa sua. V'andai con lui una mezz'ora dopo e quando fummo chiusi nella sua camera da letto, mi offrì del denaro e mi costrinse a commettere atti immorali. Da quel giorno tornai spesso a casa sua per suo insistente invito. Ormai mi aveva messo sulla via della perdizione ed a me mancava la risoluzione di resistere ai suoi allettamenti e di trattenermi dal commettere le turpitudini ch'egli mi chiedeva. Ed ogni volta uscivo con dei regali in denaro c'egli mi faceva...

I suoi vizi di degenerato mi davano nausea; ma per quanto riluttante mi ci adattavo poiché ne ritraevo un discreto lucro... .

Il 4 settembre tornai come quasi tutti i giorni da lui alle 2 del pomeriggio, ancora e sempre da lui richiesto.

Egli voleva che mi trattenessi più a lungo presso di lui. Siccome io resistevo si offrì di far venire subito una donna. Io provai uno sdegno vivissimo al pensiero che una persona estranea, una donna, avesse a partecipare al nostro convegno e mi ribellai.

Egli allora ebbe uno scatto nervoso e mi intimò: - O accetti, o vado a raccontare tutto quanto è successo fra noi ai tuoi superiori! – Non farai questo, ribattei, perché rovinando me, rovini anche te! – E che importa – egli soggiunse – Io sono vecchio, nessuno può farmi del male... Tu invece sarai rovinato per sempre... e ti rovinerò!...

Allora perdetti la testa. Sopra una mensola a portata della mia mano stava un piccolo martello tutto in ferro. Lo presi e incominciai a percuotere don Costanzo che rimaneva dinanzi a me in posizione strana...". [5]

Tuttavia già il giorno successivo venivano espressi forti dubbi sul rapporto omosessuale fra i due sacerdoti, in quanto sembrava impossibile che il vecchio Costantini, quasi ottantenne e per di più prete,avesse avuto rapporti sessuali. Si decise di puntare sulla pista dell'omicidio a scopo di furto, poiché erano spariti otto dei dieci libretti di risparmio tenuti dal don Costantini, oltre che una certa somma di denaro. Inoltre, dopo il delitto, don Adorni aveva prelevato da uno dei librettila forte somma di 800 lire, che spese per comprarsi vestiti.

Si pensò che Adorni si era inventato tutto per diminuire la propria responsabilità penale e si continuò sulla strada dell'omicidio a scopo di furto, accusa che poi la parte civile e il pubblico ministero avrebbero sostenuto in occasione del processo.

Ciò nonostante sia la posizione in cui venne rinvenuto il cadavere, sia il referto autoptico rappresentavano un mistero. Don Costantini ebbe la testa fratturata da diverse martellate, venne rinvenuto a terra ricoperto di lenzuola e cuscini, ma con la tonaca alzata al di sopra del ventre. Vi erano poi tracce di sperma, come se l'assassino si fosse masturbato eiaculando sopra il cadavere.

Alfredo Adorni un pazzo? Un mostro? Un attento assassino intenzionato a fuorviare le indagini? Si trattò di omicidio volontario o accidentale? E per quale movente: le "turpitudini" o il furto? È vero che dopo il delitto si comportò come sempre, mantenne una lucida calma, celebrò messe?

I quotidiani dell'epoca si diedero da fare per fare chiarezza sulla personalità complessa di don Alfredo e pubblicarono così notizie del suo passato movimentato e degli attacchi epilettici che lo accompagnavano fin da quando era bambino.

Era figlio di contadini ed anche la madre soffriva di epilessia, mentre il padre era alcolizzato. Alfredo venne mandato a studiare presso il collegio dei Padri filippini a Osimo. Celebrò la sua prima messa nel 1903 e da allora venne ricevuto ed allontanato da diverse parrocchie a causa, si diceva, dei suoi attacchi epilettici. Fu così sacerdote a Osimo, a Perugina, a Carpi e a Spoleto; da quest'ultima città fecero però sapere che fu in realtà allontanato "per atti di sudiceria", perché "accarezzava troppo i minorenni che lo avvicinavano, e alcuni di questi lo dicono ora pubblicamente" [6] .

I Padri filippini lo inviarono quindi a Roma, dove padre Recanatesi insistette presso padre Calenzio, che era sacerdote diocesano e non filippino, per ospitarlo nella sua casa in via della Chiesa Nuova al numero 14, mentre don Costantini abitava al numero 1.

Dopo l'arresto il tribunale incaricò diversi periti di studiare la personalità di Alfredo Adorni, il quale, tra l'altro, il 21 settembre aveva ritrattato le accuse di "rapporti contro natura" rivolte allo scomparso don Costantini.

La sua difesa fu affidata a un collegio di avvocati guidato dal celebre oratore e deputato Arturo Vecchini, il quale intendeva dimostrare l'infermità neuropsichica e quindi l'impunibilità del suo cliente.

Al contrario, il pubblico ministero e la parte civile puntavano sulla lucida premeditazione del delitto, a scopo di furto.

Durante l'arringa difensiva il Vecchini tracciò un immagine di Alfredo Adorni quale persona vittima degli eventi, essere abbandonato a se stesso le cui richieste d'aiuto venivano ignorate, respinto da tutti, costretto a farsi prete e quindi a reprimere i suoi impulsi sessuali con la masturbazione: "La Venere solitaria l'aveva ghermito fin dalla sua infanzia: l'aveva accompagnato negli anni crescenti; lo tiranneggiava ad ogni ora, livida, allettatrice, spasmodica. La masturbazione, vibrione dissolvitore, tarlo vorace, gli rodeva le carni, gli succhiava le ossa, gli fiaccava la volontà" [7] .

Secondo la testimonianza del dottor Croci, medico del seminario che aveva ospitato don Adorni, il giovane già a suo tempo avrebbe sofferto di una "nevrastenia acuta per anemia derivante dalla masturbazione" [8] .

La masturbazione continua veniva ad essere una delle tre cause dell'epilessia dell'Adorni, insieme a quella dell'ereditarietà da padre alcolista ed a quella dell'ereditarietà da madre istero-epilettica.

L'avvocato sosteneva inoltre che in Adorni non c'era stata una maturazione psicologica atta a distinguere la differenziazione dei sessi ed accostava la sua storia a quella di un altro sacerdote, il barnabita Stanislao Ceresa, che era rimasto coinvolto poco prima in uno scandalo di natura omosessuale.

L'aver ritrattato le accuse di omosessualità rivolte a don Costantini era giustificato con una crisi di coscienza: il giovane prete non voleva infierire ulteriormente sulla persona del confratello Costantini, descritto da Vecchini come un vecchiaccio desideroso del giovane fisico di don Alfredo al punto da ricattarlo.

L'avvocato concluse la sua arringa sostenendo che fu un attacco epilettico (seppur senza le peculiarità della bava alla bocca, della perdita di memoria e d'urina) a spingere don Adorni ad uccidere don Costantini con tanta violenza, e fu sempre in seguito a quell'attacco epilettico che si masturbò sopra il cadavere.

Chiese quindi ai giurati un verdetto di irresponsabilità e il ricovero presso un manicomio, ma non un manicomio criminale che, a suo dire, avrebbe peggiorato la sua delicata situazione psicologica.

Il caso Costantini – Adorni venne citato anche dal noto medico tedesco Magnus Hirschfeld, biologo e sessuologo, in occasione della riunione quadrimestrale del comitato per gli studi umanitari di Charlottenburg del 1910.

Hirschfeld, fondatore della prima associazione per i diritti gay della storia, fece notare come in diversi paesi europei veniva sistematicamente negata l’esistenza dell’omosessualità, nonostante la presenza continua di notizie sulla stampa riportanti scandali e delitti legati alla sfera omosessuale. Lo scienziato accennò al terribile omicidio Costantini, volendo anche indicare l’indiscutibile presenza di omosessuali nella Chiesa [9] .

Il 4 luglio del 1910 si svolse a Roma il processo contro Alfredo Adorni. Fu accusato di aver ucciso don Costantin per sottrarre dalla sua abitazione due orologi ed alcunilibretti della Cassa di Risparmio, per un valore totale di 25.000 lire. Venne condannato a 30 anni di reclusione [10] .

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