Sconosciuti

29 agosto 2005, Pride, luglio 2005

Che gli omosessuali abbiano aspettato, per esistere, che si inventasse il termine che li definisce è un’idea che ha avuto molto seguito e che si è soliti far risalire a Michel Foucault e alla sua teoria della costruzione sociale. Secondo questa teoria l’omosessualità è stata “costruita” dalla scienza medica dell’Ottocento. Prima non esisteva come caratteristica di singole persone, il sodomita era soltanto un peccatore che indulgeva in certi atti, l’omosessuale invece diventa una specie a parte, un malato da studiare, da controllare, da guarire. Graham Robb smonta questa spiegazione dimostrando con l’appoggio di un ampio materiale documentario - letterario, storico, medico, religioso, di vita quotidiana - che le persone attratte da persone del loro stesso sesso ci sono sempre state, che non hanno avuto difficoltà ad identificarsi come omosessuali (“o quale che fosse il termine usato”) e che l’Ottocento, nonostante il vittorianesimo e la colonizzazione medica dell’omosessualità, non è il secolo cupo che di solito si pensa.

L’immagine distorta che si ha di solito dell’omosessualità nei secoli passati è dovuta essenzialmente alle fonti che si utilizzano. Per ricostruire il passato gay hanno un posto di rilievo le leggi antiomosessuali, i verbali di tribunali e le statistiche criminali, ma la legislazione non è una guida efficace alla comprensione della realtà: “la mera esistenza di una legge dice ancor meno, sul carattere di una società, di quanto una dichiarazione di principi morali dica riguardo al comportamento di un individuo”. Le condanne per omosessualità in realtà non erano particolarmente frequenti, anche perché si riteneva che la sodomia fosse un vizio che prosperava grazie alla pubblicità e il silenzio è stato sempre uno dei più efficaci sistemi di repressione. Di fronte alle attestazioni di una fiorente comunità sodomita a Chartres nel 1805, si dice che Napoleone abbia invitato ad essere clementi perché “lo scandalo dei procedimenti legali non farebbe che moltiplicarli”.

Insomma quali che fossero le leggi e per quanto attivi fossero polizia e medici, gli omosessuali vivevano e praticavano più o meno serenamente e sembra che esistessero vere e proprie forme di comunità in tutti i centri abbastanza grandi da consentire l’anonimato. Nella maggior parte delle città europee e americane c’erano posti, o addirittura quartieri dove gli omosessuali maschi (più raramente le donne) potevano incontrarsi in relativa sicurezza: tra gli altri, il Central Park a New York, Montmartre a Parigi, Unter den Liden a Berlino, il Retiro a Madrid, le banchine portuali a Barcellona, il Boulevard Ring a Mosca, circa diciassette posti diversi ad Amsterdam, “e praticamente ovunque a Napoli”.

Accanto ad episodi di violenta omofobia non sono poche le attestazioni del desiderio di vivere e lasciar vivere, come dimostrano numerosi esempi di vita reale di molti omosessuali. Il marchese Adolphe de Custine subisce nel 1824 la violenza dell’outing, dopo un incontro segreto con un giovane soldato e una successiva aggressione che non è in grado di tenere nascosta, ma riesce poi a vivere abbastanza tranquillamente con i suoi amanti e senza nemmeno più l’incubo di essere scoperto. Joseph Fiévée, agente segreto di Napoleone vive abbastanza apertamente un suo rapporto trentennale con il commediografo Théodore Leclercq. Tommaso Sgricci, notorio sodomita, diverte il suo pubblico improvvisando poesie su qualsiasi argomento e “con andatura affettata, passeggia per la città in cerca di avventura, come fanno le signore di notte”, ma in Italia, annota Byron, “ ridono invece di mettere al rogo”. Nella Londra vittoriana “femminielli” celebri come la “Bella Eliza” escono ogni sera, relativamente indisturbati, a corteggiare e a scioccare onesti cittadini che spesso sono solo incuriositi e divertiti.

Anche l’idea secondo cui è nell’Ottocento che la vergogna di sé sostituirebbe l’antica paura della legge è messa in discussione da Robb. La situazione reale appare molto più complessa e l’effetto veramente umiliante della medicalizzazione dell’omosessualità sarebbe stato avvertito solo in pieno XX secolo, quando le superstizioni adottate dai medici fanno ritorno tra la gente comune nobilitate da termini tecnici.

Insomma lo studioso sembra convinto che un omosessuale del XIX secolo era per molti aspetti più sereno e tranquillo di un gay del Novecento. La conclusione appare un po’ estrema, ma il libro ha il grande merito di darci un quadro molto ricco e colorito di una realtà assai complessa, di mettere in discussione la visione tradizionale degli omosessuali del XIX secolo come di una minoranza inerme e silenziosa abbagliata soltanto dalle torce delle indagini mediche, e soprattutto di riportare alla luce straordinarie storie di uomini e donne reali, altrimenti condannati a restare “sconosciuti”.
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