Il "nemico gay" creato dai fascisti

"Quando mancasse il consenso c'è la forza. Per tutti i provvedimenti anche più duri che il Governo prenderà, metteremo i cittadini davanti a questo dilemma: o accettarli per alto spirito di patriottismo o subirli".

In questa frase del 1923 di Benito Mussolini sullo "spirito della rivoluzione fascista", c'è il programma fondamentale della "fabbrica del consenso" organizzata dal regime: la violazione esplicita dei diritti umani.

In tale quadro politico si colloca l'operazione sociale raccontata dal giovane storico Lorenzo Benadusi nel suo libro "Il nemico dell'uomo nuovo - L'omosessualità nell'esperimento totalitario fascista" (Feltrinelli Editore, Milano 2005). Uno studio che - osserva Emilio Gentile nella sua prefazione - ha il merito non solo di presentarsi come la prima ricerca estesa ed approfondita sull'argomento, ma che esamina anche "quel che il fascismo ha tratto dalle tradizioni omofobiche precedenti", tra cui quella della Chiesa cattolica.

"Legame tra corpo e nazione" e quindi "omogeneità antropologica" sono indispensabili all'ordine instaurato dal nuovo Stato nazionale, deciso a plasmare "il corpo e il carattere degli italiani" in base alle proprie esigenze.

Il codice penale entrato in vigore nel 1931 tuttavia esclude il reato di omosessualità - indicando altre formulazioni strategiche per colpirla, come l'offesa al pudore o il pubblico scandalo - perché, come sostiene la commissione incaricata di redigere il testo,

"per fortuna ed orgoglio dell'Italia, il vizio abominevole, che vi darebbe vita, non è così diffuso, tra noi";

e l'intervento del legislatore sarebbe controproducente, trasmettendo il messaggio, disonorevole per il regime, di una sua "grave" propagazione.

L'omosessuale è quindi un nemico invisibile, a differenza di altri "nemici" (antifascisti, ebrei, popoli democratici) investiti da una chiassosa propaganda denigratoria.

Più che un sostantivo, "omosessuale" è un aggettivo minaccioso sospeso come una scure sul capo degli avversari, il simbolo di una "degenerazione" che giustifica la "rigenerazione" repressiva, l'eliminazione.

Non a caso, uno dei capitoli più interessanti del saggio di Benadusi riguarda "l'uso politico dell'omosessualità", le accuse di pederastia gestite come arma nei contrasti tra gerarchi del Partito nazionale fascista e nello scontro tra istituzioni e poteri.

Tema privilegiato del libro è la "costruzione della mascolinità" che in un arco di tempo molto breve trasforma l'"uomo romantico" nell'"uomo nuovo" fascista con funzione virile e guerriera, mentre all'opposto la "donna nuova" emancipata del primo femminismo ottocentesco viene ricondotta nei ranghi di "cittadina militante" con funzione riproduttiva e ausiliaria.

A uomini e donne viene imposto un rigido modello complementare di "essere collettivo organizzato", una società di massa interamente dedita allo Stato.

Condizione divenuta "borderline", l'omosessualità viene espulsa dalla "modernità" negandone l'esistenza nel costume e nella morale comune, per assicurare ai detentori del potere il "disciplinamento" assoluto e senza eccezioni della collettività.

Dalla culla alla tomba, l'individuo collettivo fascista viene addestrato ad accettare e a sottomettersi volontariamente a questa disciplina con gli strumenti di un ossessivo conformismo e di una incessante competizione, alimentata dalla retorica delle gare sportive e da una pedagogia autoritaria, da una sfera sessuale dominata dal futurista "disprezzo della donna", da una contrapposizione di stampo razzista tra esseri umani, da un simbolico stereotipato e belluino.

L'asservimento della scienza al potere allarga la categoria del "patologico" ai comportamenti sessuali definiti "attentati all'integrità della stirpe", creando una pericolosa saldatura tra repressione poliziesca e persecuzione "sanitaria", un concetto di "bonifica umana" terribilmente simile a quello di "pulizia etnica".

"Regina indiscussa" tra le diverse discipline preposte ad occuparsi dell'omosessualità, l'endocrinologia contribuisce non solo a riesumare la tesi lombrosiana dell'"anomalia congenita" o ad avvalorare la tesi della "disfunzione organica", ma anche a dare un fondamento scientifico al "Manifesto della razza".

Cruciale nel disegno di "formazione dell'italiano virile" è il "matrimonio di interesse" tra fascismo e Santa Sede, sancito dalla firma del Concordato "che di fatto riconosceva ufficialmente il primato della Chiesa nell'orientare la moralità dei fedeli"; un primato scosso da quei comportamenti sessuali liberi che "favorivano la progressiva eclissi del sacro e minacciavano l'influenza stessa della Chiesa sulla società".

Il diritto canonico, del resto, prevedeva espressamente il reato di sodomia, delitto punibile per legge.

L'enciclica "Casti Connubi" del 1930 di Pio XI fissa l''"identità di vedute" fra Stato e religione in materia di costrizione alla natalità e di controllo sul costume. Il suo precedente è il discorso alla Camera del 16 maggio 1925 del ministro alla Giustizia Alfredo Rocco, che aveva indicato uno dei principali compiti dello Stato nell'intervento diretto a reprimere "tutte le forme di deviazione e di degenerazione della morale pubblica e privata".

E i nemici di questo "Stato etico" sono in primo luogo coloro che si rendono colpevoli di violazione dei canoni prestabiliti di virilità e di femminilità: gli omosessuali e le lesbiche.


Questa violazione comporta l'espulsione dalla società, per evitare il contagio della "turbativa dell'ordine".

Il confino al quale centinaia di omosessuali vengono condannati, nelle parole del "duce", è

"igiene sociale, profilassi nazionale; si levano questi individui dalla circolazione come il medico toglie dalla circolazione un infetto".

Al domicilio coatto in paesini del Sud o nelle isole si aggiunge il terrorismo quotidiano: ammonizioni, diffide, arresti continui e ingiustificate permanenze in carcere, schedature, interrogatori, intimidazioni, pestaggi, esorcismi.

Il calvario dei "traditori della stirpe", osserva Benadusi che lo descrive con minuzia e realismo, è molto più consistente e capillare "di quanto non emerga dal numero relativamente esiguo dei confinati"; e include l'incubo dei manicomi, che inghiottono e sequestrano silenziosamente un numero incalcolabile di persone, istituzioni funzionali alla strategia dell'occultamento e alla sperimentazione delle cosiddette "cure".

Come ho già accennato, uno degli elementi inediti di questo libro è l'analisi dell'uso strumentale del sospetto di omosessualità

"per allontanare o destituire persone politicamente scomode, per minacciare o ricattare personaggi illustri",

dell'arma della diffamazione

"per colpire qualsiasi forma di dissenso, qualsiasi deviazione dalla linea ufficiale del regime, qualsiasi voce fuori dal coro".

Il fascismo utilizza il suo "nemico" per diventare un bunker blindato rispetto al confronto di libere idee, per farsi ancora più fascismo, per consolidare un sistema di rivalità e diffidenze, ambizioni e calunnie,

"dove tutti allo stesso tempo spiavano ed erano spiati".

La stessa vita privata e le abitudini sessuali di coloro che hanno qualche responsabilità all'interno del regime vengono accuratamente vagliate con intercettazioni telefoniche e pedinamenti: i dossier sull'entourage di Mussolini si accumulano sulla sua scrivania e su quelle dei funzionari della polizia politica.

Il regime allestisce una rete di spionaggio cosi' fitta e articolata "da non avere precedenti in nessuna altra epoca", approfittando della "doppia morale" vigente per preparare le sue trappole.

La vittima più famosa di questo meccanismo perverso, che coinvolge anche gerarchi come Augusto Turati o squadristi della prima ora come Claudio Colisi Rossi, è addirittura il figlio del re Vittorio Emanuele III, il principe Umberto. Mussolini porta con sé il suo fascicolo persino fuggendo in Svizzera,

"probabilmente con l'intenzione di usarlo per delegittimare la monarchia",

afferma Benadusi; patetico residuo di un potere fondato sull'infamia della delazione.

Alla ferrea divisione tra i generi sessuali e alla lacerante scissione tra pubblico e privato, giocata nella dialettica tra "rispettabilità" e doppia vita, censura e autocensura, politica delle apparenze e trasgressione, al "forte scarto tra ideali proposti e realtà concreta" che scandisce il percorso verso il totalitarismo, la tensione verso un'impossibile e disumana "virilità" fascista, Benadusi dedica l'ultima parte del suo studio, delineando un panorama in cui la morale cattolica e quella fascista si condizionano e si complementano a vicenda, e in cui il regime finisce "per delegare ai preti, ai confessori e agli uomini dell'Azione cattolica ogni intervento educativo contro la pederastia, riservandosi la sfera della repressione con diffide, ammonizioni, carcere e confino".

Un panorama che occorre sempre tenere presente, se si vuole comprendere nelle sue radici storiche la particolare tessitura sociale e politica della "via italiana all'omofobia".

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