Nel 1974 Patricia Nell Warren scrisse un romanzo utopico, nel quale immaginava il difficile cammino d'un gruppo di atleti e del loro allenatore (tutti gay) verso le Olimpiadi di Montréal del 1976, in un'America ancora abbondantemente prona ai più vieti pregiudizî omofobici; a distanza di tanti anni, il libro ha perso, chiaramente, una parte del suo sapore rivoluzionario e pionieristico (immagino qual effetto avrebbe prodotto sui lettori italiani se fosse stato tradotto trentacinque anni or sono), ma non della sua freschezza: ciò grazie alla scrittura della Warren, che del tipico "stile medio" americano ha i difetti (un certo tono didascalico, la volontà di rendere tutto chiaro ed esplicito) ma anche i pregi, anzitutto proprio la capacità di tenere avvinto il lettore alla pagina, di farlo entrare in sintonia coi personaggi, di commuoverlo senza però indulgere a facili patetismi. E che sia un bel romanzo credo che si possa desumere proprio dal fatto che, dopo molti anni, sa tuttora piacere e trascinare.