recensione diDaniele Cenci
La corsa di Billy
Anni '70. L'allenatore Harlan Brown è cacciato da una prestigiosa università per il solo sospetto di omosessualità. Dopo aver perso tutto, ora maschera i suoi desideri appiattendosi nel conformismo.
Nella sua vita irrompono tre atleti (Billy, Vince e Jacques), espulsi dalla loro squadra per essersi dichiarati gay. Se accetta di allenarli alimenterà le voci che girano sul suo conto, ma i tre ragazzi sono proprio in gamba e questa potrebbe essere per lui l'occasione di riscattarsi.
Affascinato da Billy che ha il talento per partecipare ai Giochi correndo nei 10000 metri, l'ammirazione presto si muta in reciproca passione. Reprimersi o uscire allo scoperto, sfidando l'omofobico establishment e rischiando di infrangere il sogno olimpico dei tre? Ne "La corsa di Billy" amore e rabbia si fondono in un crescendo di tensione fino all'inaspettato, doloroso finale a pochi metri dal traguardo. La magistrale traduzione di Silvia Nono ripaga il lettore italiano per un'attesa durata ben 33 anni, e fa venir voglia di una più sollecita edizione dell'intera saga. Dedicato "a tutti gli atleti che si sono battuti per i diritti umani nel mondo dello sport", dal 1974 il bellissimo "The Front Runner" (questo il titolo originale) è in America un cult-book, primo capitolo di una tetralogia che comprende "Harlan's Race" e "Billy's Boy". L'autrice (classe 1936) sta lavorando alla conclusione del ciclo.