Giusta il titolo di questo romanzo del 1935, protagonista è, ben più dell’alquanto scialbo io narrante, il Mr Norris che se ne va, dopo però avere riempito della sua presenza cerimoniosa e manierata ma ingombrante tutte, si può dire, le pagine del libro. Il narratore lo conosce in uno scompartimento di prima classe, in viaggio attraverso l’Olanda in direzione di Berlino, nel 1931: Mr. Norris è un inglese molto compito, di mezza età, con un parrucchino curatissimo, abiti di perfetto taglio e un modo di fare fin troppo compito e parecchio strano; conoscendolo e poi frequentandolo come amico nella capitale tedesca, il protagonista lambisce una ragnatela di giuochi pericolosi e ambienti equivoci da film di spionaggio in bianco e nero. Immagino infatti che spettacolo sarebbe uscito da una storia consimile fra le mani, per esempio, d’un Perutz o d’un Lernet-Holenia. Isherwood era però tutto il contrario: eccelleva come pittore di atmosfere, e riesce benissimo il suo disegno al tratto di birrerie, covi di cospiratori, uffici dove si tessono trame indefinibili, nobiluomini dall’ambiguità inequivocabile, simpatiche padrone di casa, vicine pettegole, gay pochissimo velati ad ogni angolo, ragazzacci simpatici e nazisti sfuggenti e minacciosi; ciò che riesce assai meno bene è la trama un po’ arruffata. Per giunta, temo che l’autore avvertisse troppo l’urgenza di mettere in guardia contro il regime di Hitler e a darne una rappresentazione fosca, mettendo in luce viceversa l’innocuità dei comunisti, parolai a volte, ma sinceramente animati da ideali nobili, e abituati a battersi soltanto con mezzi legali: l’odierno lettore forse non ne sente gran bisogno, e a tratti percepirà qualche retrogusto didascalico; ma il difetto è veniale, e non diventa neanche più un difetto se si pensa che il romanzo fu pubblicato quando Hitler era salito al potere da poco, e parlarne male non era né frequentissimo né ovvio. In Europa e negli Stati Uniti era diffusa la simpatia verso il dittatore germanico, anche da parte di molta brava gente insospettabile; di che cosa l’uomo fosse capace, d’altronde, lo capiva e lo immaginava solo una minoranza. Pur tenendo conto di ciò, il ritmo narrativo del Nostro a volte difetta: è innegabile che qualche lungaggine nel romanzo ci sia; ma diciamo che si tratta di lungaggini poco fastidiose; le si perdona senza sforzo, e poi si torna a dilettarsi immersi entro quest’aura malaticcia e torbida in cui covano venti di tempesta, e dove il Mr. Norris del titolo, ex-ricco dall’ottima educazione, che sa vivere solo di espedienti perché verso il lavoro normale si rivela inetto, nuota e sguazza un po’ felice e un po’ disperato, felice soprattutto quando gli piove fra le mani un po’ di danaro inatteso, da goder a dissipare nel più breve tempo in belli arredi, bellissimi vestiti, cene di lusso e cognac d’annata.