recensione diDaniele Cenci
L'omo delinquente
Una pepatissima silloge di scandali omosessuali nell'Italia sabauda, riportati in luce con certosina pazienza dai polverosi faldoni degli archivi giudiziari e dalle pagine ingiallite della cronaca nera: un collage di lombrosiani 'pezzi di costume' e deliranti verbali, oggi tremendamente esilaranti, ma un tempo percepiti da vittime e carnefici in tutta la loro feroce stigmatizzazione senza appello.
Nell'intrigo dei ricatti incrociati e delle faide politiche spesso cariche di valenze anticlericali che caratterizzano il Bel Paese tra il 1870 e l'avvento del fascismo, ecco sbattuti in prima pagina, alla gogna nelle piazze mediatiche, educatori laici e religiosi, indomiti Sculacciabuchi che, trincerati nei loro prestigiosi collegi, collezionano sapide chiavate cogli 'innocenti' pargoli loro affidati dai 'signori'.
E poi il folto seguito degli insospettabili padri di famiglia che, fuori dalla greppia domestica, si dilettano a paglia e fieno con losche e maschie compagnie; mentre gli intrepidi e insaziabili corruttori della 'meglio gioventù' seguitano a tessere le loro ipnotiche ragnatele nei posti di lavoro o nei più impensabili postacci en plein air.
Tra le bigotte criminalizzazioni delle passioni lesbogay colpisce la storia di due 'lelle' nella Marostica del 1902, la cui unione (civile ante litteram) verrà spezzata dall'odio di un intero paese; o, nello stesso anno, il suicidio di Krupp, magnate tedesco dell'acciaio, al centro di un chiassosissimo 'affaire' per i teatrini omoerotici inscenati nelle grotte dell'affollatissima Capri.
Largo spazio viene infine dedicato ai virulenti processi - prima sulla stampa e poi nelle aule - contro von Gloeden e von Plueschow, pionieri del nudo maschile ed intrepidi brancaleone dell'erotica pédé.