recensione diGiovanni Dall'Orto
Apocalisse su Napoli. Fra pettegolezzo ed erudizione.
Da un testo accademico del 1969 è lecito aspettarsi talvolta un linguaggio un po' datato, ma questo qui in fatto di linguaggi datati li batte tutti, usando un accademichese da XIX secolo, con preziosismi che nel XXI secolo risultano perfino buffi. Si aggiunga a questo l'abuso delle continue digressioni, e si direbbe di trovarsi di fronte a un libro indigeribile.
E invece no. Perché sull'altro piatto della bilancia il testo è riscattato da una volontà sincera di "divulgare" la storia locale a un pubblico sì colto, ma comunque più ampio della mera cerchia degli accademici e degli specialisti. Dunque, l'effetto complessivo è alleggerito da aneddoti, bozzetti, ritrattini, curiosità, al punto che alla fine ho letto l'intero volume con piacere ed anche con qualche profitto.
Il tema della sodomia nella Napoli vicereale appare in più punti:
- A p. 18 racconta (ma senza citare fonti) che un antico avviso nelle carceri della Vicaria avvertiva che i ricchi che avessero voluto tenere con sé un servitore dovevano sceglierlo barbuto, per evitare tentazioni sodomitiche.
- Alle pp. 44-45 cita un documento d'accusa del 1369 contro un fra Mainerio di Cassano; nel mezzo di un impressionante elenco di reati appare anche l'accusa secondo cui "teneva addirittura un prostibolo (sic) di fanciulli quindicenni e sedicenni in detto Ospizio".
- Infine un intero capitolo (pp. 95-104) è dedicato a "Sodomia e lardeazione", che apre con la descrizione della vita dissoluta d'un certo Tiberio de Vera, di buona famiglia, sfruttatore di prostitute, taglieggiatore di mercanti, nonché sodomita.
Sedotto un paggio di nome Varghesiglio, fu punito con l'arresto. Un suo partner nel reato di sodomia, il venticinquenne Giuseppe Soprano, l'11 aprile 1612 fu portato nudo per le vie di Napoli e sottoposto alla "lardeazione", ossia all'ustione tramite gocciolatura di lardo fuso sopra un carro trascinato per le strade. Poi fu condannato alla galera per tre anni (morendovi prima di scontare la pena) mentre Tiberio fu condannato al remo a vita.
L'autore conclude scusandosi di avere parlato di questo argomento...
Al di là degli aspetti ameni (specie involontari), questo libro è interessante più per l'insolito approccio fra il pruruginoso e il moralistico, e fra il pettegolo e l'erudito, che per le notizie in sé. I casi citati sono trattati come semplici aneddoti curiosi, e Porcaro non fa il minimo sforzo per utilizzarli per capire da essi una condizione umana o una mentalità.
L'impostazione manca insomma di rigore, e pertanto questo libro come fonte storica sull'omosessualità nella Napoli vicereale non è granché, anche se non altro cita in nota alcune fonti primarie d'un certo interesse.