Diversità e minoranze nel Settecento. Contiene: Vitio nefando e inquisizione romana

Questo volume contiene il saggio di Massimo Cattaneo: Vitio nefando e inquisizione romana, alle pp. 54-77.

Le ricerche d'archivio sui comportamenti omosessuali in Italia sono ancora pochissime, specie in considerazione della massa incredibile di documenti manoscritti inediti che il nostro paese conserva.
Ogni nuovo studio è quindi sempre il benvenuto, anche quando, come questo, per una parte dello spazio si limita solo a pestare l'acqua nel mortaio, cosa sommamente irritante per il lettore.

Il saggio è infatti stato palesemente scritto sotto il pungolo della logica del publish or perish, dato che pur di allungare il brodetto, per quasi metà delle pagine (cioè fino a pagina 65) si lancia nella centomilionesima "breve storia dell'omosessualità" di cui si sentiva la mancanza quanto di un mal di denti. Tanto più che l'autore cita diligentemente tutti i testi canonici (da Boswell a Rocke a Canosa a Zuccarello e Ruggiero fino alla monografia della sua allieva Marina Baldassari), che sono quelli che chiunque si interessi al tema non può non avere già letto. In compenso a p. 61 confonde platealmente coming out con outing, dimostrando così la sua scarsa familiarità con l'argomento di cui ha scelto di trattare (confermata dal fatto che a p. 76 prende un'allusione di Pietro Verri alla pratica della masturbazione per un'allusione alla pratica della sodomia).
Questo atteggiamento figlio di una mentalità angusta, che dopo quasi mezzo secolo di gaylesbian studies (le cui tematiche e i cui risultati Cattaneo ignora bellamente) tratta ancora l'omosessualità come un soggetto di ricerca esotico e sconosciuto, è a mio parere inaccettabile: proviamo a immaginare uno studioso che volendo parlare di un papa del XVIII secolo iniziasse dedicando metà del saggio alla "storia dei papi e del papato", spiegando in... dieci pagine chi mai fossero i papi, e magari confondesse un papa con un pope!

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Superato lo scoglio di questa premessa inutile, a p. 65 si entra infine nel vivo del saggio, che da questo punto in poi merita la lettura. L'autore finalmente inizia a parlare di ciò che sa anziché di ciò che non sa: l'ampio materiale inedito dell'archivio del Santo Uffizio a Roma, e il materiale d'archivio romano in genere.

Ovviamente il Santo Uffizio era, rispetto ad altre magistrature, interessato alle dichiarazioni eretiche più che al rapporto sodomitico in sé (se il sospetto d'eresia non aveva fondamento, il Santo Uffizio deferiva il sodomita al Tribunale del Governatore: cfr. p. 68), e in campo omosessuale fondamentalmente una era la possibile "eresia": la dichiarazione, a un/a partner in preda a scrupoli religiosi, secondo cui il rapporto omosessuale non costituiva peccato. Ed è soprendente vedere quanti cadessero in questa "eresia" autoassolutoria, sia uomini che donne, sia laici che frati e preti.
D'altro canto (cfr.. pp. 74-75) un frate brasiliano, Ludovico Botteglio, venne a Roma ad auto-accusarsi di rapporti omosessuali con schiavi negri, dichiarando di sapere che a Roma le punizioni per i sodomiti erano meno selvagge che in Portogallo (infatti ebbe solo penitenze, scampando a galera e pena di morte).

Interessante anche il caso dello scandalo del convento di Macerata nel 1722 (pp. 72-74), da cui emerge che i racconti boccacceschi sui frati gaudenti (e corruttori di minori) non erano totalmente inventati....

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Cattaneo riscatta l'inizio non brillante del saggio con una serie di considerazioni conclusive, ponendosi (finalmente!) il problema di quanto siano rappresentativi della realtà i processi conservati negli archivi, che per loro natura tendono a selezionare quegli atti che per la loro efferatezza (come lo stupro d'un bimbo, o dichiarazioni eretiche) giungevano più facilmente all'attenzione dei tribunali, che in questo modo conservano traccia di essi a scapito di comportamenti magari molto più diffisi, ma di minore allarme sociale:

si ha l'impressione che la capacità della società e delle istituzioni romane nel non fare emergere pubblicamente l'omosessualità tra adulti consenzienti, che in quanto tale non dava vita a situazioni che tubassero clamorosamente l'ordine pubblico, sia stata forse maggiore rispetto ad altre realtà urbane. A Roma s'interviene per reprimere la sodomia solo se costretti da denunce, autodenunce o da comportamenti eccessivamente clamorosi e scandalosi (p. 76).
Cattaneo sicuramente qui esagera la tolleranza d'una città papalina come Roma, dimenticando che l'aumento della tolleranza verso i comportamenti omosessuali è nel XVIII secolo comune un po' a tutta Europa, però cita documenti che attestano come l'amore fra uomini nella Roma del Settecento fosse molto più diffuso e soprattutto visibile di quanto potremmo oggi aspettarci.

Infine, tra i personaggi famosi citati da Cattaneo, figurano il pittore inglese Thomas Patch (espulso nel 1755 da Roma per i suoi maneggi con un ragazzo: p. 77) e quello dell'architetto francese Idelphonse Rater, che aveva una relazione col "musico" Pietro Matteucci: il suo arresto nel 1793 ebbe serie conseguenze diplomatiche sui rapporti tra Francia e papato (pp. 55-56).


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Il saggio di Cattaneo è tutto considerato interessante e merita la lettura.
Magari in biblioteca, dato che nel resto del volume - spropositatamente costoso - solo il saggio di Jeanne Clegg sulle settecentesche associazioni inglesi di "Riforma dei costumi", alle pp. 79-86, ha qualche interesse per la tematica della storia gay.

Nota. Stralci non piccoli di questo saggio possono essere visionati su Google books.

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