recensione diStefano Bolognini
Aloysia Sigea
Primo volume della serie Eros nella letteratura francese.
È diviso in due parti.
Nella prima presenta una bibliografia di testi francesi erotici, dalle origini fino al 1700, con un breve riassunto.
E a p. 31 presentando il celebre testo del 1600 (ma pubblicato per la prima volta nel 1883, Historiettes di Gédéon Tallement des Réaux) dice:
"narra episodi che la critica storica presume in gran parte veritieri sull'epoca di Enrico IV e di Luigi XIII, senza trascurare aneddoti conosciuti "per sentito dire" (tra questi ve n'è tutta una serie sui sodomiti italiani".
Nella seconda parte è ripubblicato parzialmente il famoso romanzo erotico Libertino in forma dialogica, attribuito a Nicolas Chorier, scritto originariamente in latino, intitolato: Aloysia Sigeae toletanae satyra sotadica de arcanis Amoris et Veneris [1649].
Il dialogo, che si svolge fra Tullia, una donna libertina italiana, e Ottavia, la giovanissima cugina, prende le mosse dal prossimo matrimonio di Ottavia, che deve essere educata al sesso da Tullia.
Quest'ultima, oltre a indicare alla cugina quali gioie potrà trovare tra le braccia del marito, la inizia anche ai piaceri del lesbismo.
Tra carezze (per riportare un esempio a caso: a p. 68,
"Ottavia: Ecco: tu già ti occupi tutta: premi la mia bocca con la bocca, il petto col petto l'utero con l'utero. Che anche io ti stringa come tu mi stringi"),
racconti di rapporti precedenti, spasimi, e deliziose voluttà, si svolge questo dialogo che racconta quanto di un'epoca è stato più o meno taciuto.
In alcuni punti il testo pare un'apologia del lesbismo, come a p. 69, nella quale Ottavia dice rivolta alla cugina:
"Oh, potessi tu essere mio marito! Quale amante avresti per moglie, quale amato marito avrei io!",
o ancora Tullia a p. 70:
"cosa c'è di più gradito di una fanciulla nitida e pura, come nitida e pura se tu?",
e p. 73
"reputo che solo fra le tue braccia risiede per me ogni voluttà. Non giudicarmi per questo peggiore delle altre. Infatti questo costume è ovunque diffuso sulla terra. Le italiane, le spagnole, le francesi, si amano tra di loro: e, se non ci fosse il pudore, correrebbero a gettarsi l'una nelle braccia dell'altra".
Questa apologia è però ingannatrice. Le due donne convengono, a p. 72, che soltanto tra le braccia di un uomo, magari dotato di un pene di notevoli dimensioni, è possibile provare la più completa e vera delle voluttà...
Non manca, in quest'iniziazione, un preciso resoconto di fisiologia degli organi genitali, con descrizioni approfondite del pene e della vagina, insieme alla fisiologia del rapporto sessuale e alla descrizione particolareggiata di numerosi rapporti eterosessuali.
Il testo contiene alcuni riferimenti alla sodomia, in un'interessante scena d'orgia ambientata a Roma, nella quale Tullia racconta d'essere stata presa da quattro atleti (un Gallo, un Germano e due fiorentini Aloisio e Fabrizio).
Questi ultimi, come dice Ottavia a p. 264:
"Solgono [...] ingannar Venere" e come tutti i fiorentini "si dice che si dilettino nell'uso di fanciulli, e che son loro care quelle fanciulle che si prestino amutarsi in fanciulli, e si adattano alle funzioni dei fanciulli".
Ancora a p. 298, sempre riferendosi ai due che sono riusciti a sodomizzarla, dice
"che venere perseguitò Aloisio e Fabrizio, pessimi soggetti ribelli al piacere onesto e naturale. [...] Si pecca soltanto se la pioggia generatrice non irrora il giardino femminile. Comunque Ottavia mia, la cosa mi sembra almeno ridicola, se non massimamente turpe".
Se in merito alla sodomia eterosessuale questo è il pensiero, la protagonista stessa rincara la dose in un lungo monologo nelle pagine che seguono:
"Specialmente gli italiani e gli spagnoli si dilettano in questi gioco con i fanciulli e le fanciulle: lo designano come corollario quando lo chiedono a noi, come dovere quando lo cercano nei fanciulli.
Tale uso non fu disonesto presso i popoli Oschi.
Tu sai come i greci abbiano eccelso in ogni dote".
Sui rapporti omosessuali il giudizio è ancora più netto.
Dopo che, a p. 305, sono presentati numerosi personaggi famosi, per i quali "il sesso femminile era ripugnante" come Filippo re dei Macedoni e Pausania, Giulio Cesare, Augusto ("che non sfugge a questo disonore"), Tiberio, Nerone, Tigellino e Sporo; Adriano e Antinoo; Alcibiade, Fedone e Socrate; Anacreonte, Plauto... il dialogo assume questi toni a p. 312:
"I desideri di un sesso cadono spontaneamente sull'altro. Fa violenza alla naturale tendenza chi cerca piacere in un giovinetto".
Ma sorprendentemente p. 314 riferisce di omosessuali che difendono la loro natura:
"Né mi commuovono gli argomenti che questi nemici del genere umano, pederasti, omosessuali, adducono a difesa, desumendoli dalla natura delle cose, dei costumi, della dignità e della celebrità di uomini determinati.
Nessuna persona di buon senso si persuaderà che non sia infame il disperdere il seme umano, e che non debba essere vergogna annientare un essere umano.
Chi emette il seme fuori dal solco muliebre vuole distruggere un essere e distrugge quello che poteva essere formato: è omicida e adultero".
Questo testo lascia spazio per alcune considerazioni.
La presentazione del lesbismo sembra essere ad uso e consumo di un pubblico maschile ed eterosessuale, e i riferimenti alla sodomia tra persone dello stesso sesso, fanno pensare ad aggiunte postume. Questo testo infatti fu pubblicato a più riprese.
Anche la traduzione di questa edizione lascia a desiderare.
Nell'ultima frase citata è presente la parola "omosessualità" che neppure esisteva quando è stato scritto il racconto.
La stessa frase però è decisamente importante perché mostra, se provata, che molto prima di Urlich i pederasti addicevano argomenti a difesa della loro natura.
Questa frase potrebbe essere insomma utilizzata per mostrare che le differenze tra un sodomita del passato ed un omosessuale di oggi non sono così nette.