recensione diMassimo Basili
V per Vendetta
In occasione dell’uscita nelle sale dell’omonimo film prodotto dai fratelli Wachowski, Magic Press manda nelle fumetterie, in libreria di varia e nelle edicole ben cinque versioni diverse del capolavoro a fumetti di Alan Moore e David Lloyd, da quella più economica e in bianco e nero, della quale parliamo qui, a quella “definitiva” e in grande formato disponibile nelle fumetterie a 25 euro.
Pubblicato su rivista in Gran Bretagna a partire dal 1982 ma terminato, dopo alterne vicende, solo nel 1988 negli Stati Uniti, V for Vendetta mescola gli scenari della fantascienza più pessimistica (Orwell, Bradbury, Dick) alle storie classiche dei vendicatori fuorilegge, come Robin Hood o Zorro, fino ad arrivare al Fantasma dell’Opera e al Batman più oscuro e cupo. Ma cogliere tutte le fonti di ispirazione di Moore è pretestuoso, se non impossibile, essendo la sua scrittura incarnazione perfetta del postmodernismo anni ottanta più autentico e felice, perciò eclettico, citazionistico, ironico.
Nel 1997 Londra è la capitale di una feroce dittatura fascistoide, insediatasi con libere elezioni in seguito al caos esploso dopo una devastante guerra atomica che ha solo sfiorato l’ex Regno Unito.
“Misero presto le cose sotto controllo. Ma poi cominciarono a portar via la gente… tutti i neri e i pachistani… Anche i bianchi. Tutti i radicali e gli uomini a cui, insomma, a cui piacevano gli altri uomini. Gli omosessuali. Non so cosa fecero di tutti loro.”
Entra in scena V, misterioso sovversivo mascherato con le fattezze del fanatico cattolico Guy Fawkes, che nel 1605 tentò di far saltare in aria il parlamento. Il suo epigono del futuro annuncia la sua delirante missione facendolo saltare per davvero, il parlamento: da quel momento il nostro comincia ad uccidere tutte le persone che in passato hanno deciso la sua prigionia e le sue torture, ma anche ad incitare il popolo a ribellarsi al totalitarismo e a riconquistare la libertà perduta, affiancato in questo dalla sedicenne Evey, salvata dalla cattura della polizia.
Nonostante non ci siano personaggi gay di rilievo (al contrario del film, dove invece hanno ampliato una figura che nel fumetto fa una breve apparizione, impersonata da Stephen “Oscar Wilde” Fry) segnalo comunque la sequenza nella quale Valerie, attrice lesbica incarcerata dal governo, racconta a Evey la sua tragica storia affidandola a piccoli quadrati di carta igienica, scritti di nascosto e passati da una fessura dei muri della cella: “Iniziarono a fare retate di gay, presero Ruth mentre era in cerca di cibo. Perché hanno tanta paura di noi? La bruciarono con le sigarette e la costrinsero a fare il mio nome. Lei firmò una dichiarazione in cui diceva che l’avevo sedotta.”
La scrittura sontuosa e complessa di Moore costruisce uno scenario futuro disperato, più vero del vero, sostenuto dal magnifico, iperrealista e violento disegno al tratto di Lloyd. Insieme danno vita e spessore a personaggi che rimangono nel cuore e nella testa come monito a tutti i regimi della storia. Imprescindibile.